Transazione tra Alessandro Craveia ed i fratelli Carlo e Pietro Canova

Tipologia Documento
Data topica Biella
Data cronica
22 febbraio 1823
Note
Nella casa del causidico Giuseppe Arnulfo alle 11 del mattino, ora di Francia.
[VUOTO]

Numerazione definitiva

Prefisso
Igor
Numero definitivo
31

Contenuto

Questo primo documento privato postnapoleonico segna l'ingresso nel fondo Craveia del notaio Ignazio Dionisio. Tra l'altro è il primo documento dove compare il numero d'ordine nei riferimenti di registrazione per quanto riguarda l'insinuazione. In effetti si tratta di uno strumento sui generis che ha tutta una serie di anteffatti giuridici meritevoli di attenzione. Alessandro Craveia che all'epoca aveva 27 anni si trova in questo caso a gestire un ‘colpo’ del padre Bartolomeo messo a segno nel 1807. Il vecchio Bartolomeo appunto 16 anni prima del presente strumento esercitava a Tollegno la carica di “maire”, ovvero godeva di ampio margine di movimento in senso amministrativo in piena sintonia col regime napoleonico. In quell'anno a nome del municipio Tollegno, probabilmente a corto di liquidi, alienò un non meglio precisato terreno di proprietà comunale vendendolo per 84,5 lire ai fratelli Carlo e Pietro figli di Gio. Batta Canova di Pralungo. Teoricamente questo denaro avrebbe dovuto essere stato versato dal “maire” o dal percettore comunale nel conto finanziario del comune di Tollegno ma a quanto pare così non fu.

Con la sentenza dell'Intendente di Biella datata 3 giugno 1820 i fratelli Canova erano stati condannati a pagare quelle 84,5 lire al comune di Tollegno perché evidentemente quella cifra mancava dal bilancio comunale. In realtà la stessa vendita a loro fatta dal “maire” Bartolomeo Craveia venne giudicata non valida dall'Intendenza ma, dato per acquisito il possesso ai fratelli Canova, rimaneva a detta dei revisori dei conti il pendente del valore del terreno ed anche tutto quel valore (circa 99 lire) per i “frutti” che da detta terra i Canova avevano ricavato in più di tre lustri di sfruttamento indebito. I fratelli Canova, che rischiavano di rimetterci parecchio nei confronti del comune di Tollegno, anche perché evidentemente impossibilitati a fornire prove dell'avvenuto pagamento delle 84,5 al “maire”, decisero di rivalersi sul figlio del defunto Bartolomeo Craveia il quale si ritrova addosso una bega risalente al tempo in cui aveva solo 11 anni e della quale verosimilmente non sapeva nulla. Naturalmente Alessandro si difese riconducendo le responsabilità al comune, anzi al suo percettore, cercando di allontanarle da suo padre e quindi da se stesso ma i Canova, che non dovevano essere degli sprovveduti e magari incattiviti dal lecito sospetto di essere stati raggirati dal vecchio Bartolomeo, intentarono causa contro il giovane Craveia il 28 novembre 1820.

Nel dicembre del ‘22 il comune di Tollegno deliberò che la causa non poteva essere gestita in paese e che la si discutesse presso la Giudicatura di Biella. Sicuramente la questione poteva andare per le lunghe e, secondo quanto riportato dal notaio come motivazione dello strumento di transazione, l'esito del dibattimento era alquanto incerto. Tant’è che le parti decisero di arrivare appunto ad un accomodamento: la transazione non chiudeva il contenzioso tra l'amministrazione comunale di Tollegno, forte del giudizio dell'Intendenza, ed i Canova ma aveva lo scopo di porre fine alle “molestie” portate dai fratelli pralunghini al Craveia, cioè i Canova si accontentavano di una certa somma per risparmiare da ulteriori pretese l'Alessandro. Quest'ultimo arrivò a sborsare appena 20 lire, più i costi della procura del legale della controparte il causidico Pietro Gariazzo (vedi doc. n° 29), evitando di correre rischi di pagare in toto la ‘leggerezza amministrativa’ del padre.

La questione sollevata da questo strumento è in realtà molto più complessa rispetto alla conclusione siglata con la transazione: l'amministrazione pubblica della Restaurazione andò a verificare i conti della precedente gestione napoleonica e trovò dei vizi formali e sostanziali. E questi vizi erano errori in buona fede di amministratori impreparati o piuttosto operazioni in odore di peculato condotte, probabilmente con la connivenza dei privati (in questo caso dei Canova), da scaltri funzionari protetti dall'impostazione burocratica e dalla impunità offerta dall'essere servi del regime? Il sospetto resta e doveva essere piuttosto concreto visto che il giovane Craveia preferì pagare (poco) per uscire dal gioco invece di lottare strenuamente per difendere l'onore del padre.

Note

Il regio notaio candelese Ignazio Dionisio qui al suo primo strumento. Probabilmente per il tenore giuridico dell'atto (o forse per la giovane età del notaio) lo strumento venne scritto non in un eventuale studio del Dionisio, ma nello studio di un giureconsulto. Questa copia di pugno del notaio venne rilasciata il 10 maggio 1823.