Alessandro Craveia salda la dote per la sorella Teresa, destinata alla nipote Maria Caterina Domenica, al cognato Gio. Batta Acquadro

Tipologia Documento
Data topica Biella
Data cronica
2 agosto 1825
Note
Alle 9 del mattino nella casa Scaravelli.
[VUOTO]

Numerazione definitiva

Prefisso
Igor
Numero definitivo
34

Contenuto

In questo strumento di quietanza dotale si coglie un tratto nuovo, ed imprevisto, del carattere di Alessandro Craveia: la generosa e disinteressata disponibilità nei confronti dei parenti. Secondo disposizione del padre Bartolomeo la figlia Teresa avrebbe avuto come dote un valore di 400 £ tra fardello e denaro (identico trattamento per la sorella Caterina coniugata Coppa). Morto Bartolomeo nel '17 l'incombenza ricadde sull'unico figlio Alessandro e nel 1823, sposandosi detta Teresa con Gio. Batta di Giacomo Acquadro, la parte di oggetti costituenti il corredo nuziale (pari a 275 £) venne corrisposta. Alessandro trattenne la parte monetaria (perché poi: usanza, strapotere maschile del nuovo capofamiglia o accordo per comuni investimenti?) di 125 £ che vennero reclamati dal cognato Gio. Batta Acquadro al momento della morte della moglie Teresa avvenuta nell'aprile del 1825. Costui avrebbe ricevuto quanto spettante alla defunta consorte in qualità di legale rappresentante della infante figlioletta Maria Dominica (Caterina) ereditaria dei possessi materni.

Alessandro Craveia dimostra il suo senso della famiglia facendo redigere un atto assolutamente vantaggioso per la nipotina: poco o tanto che fosse quel denaro e quella roba sarebbe finita nelle mani della piccola una volta cresciuta. Lo zio potuto pagare secondo “…lo Stile del Paese…” e disinteressarsi del destino della bambina e di ciò che le spettava per via materna semplicemente lasciando campo libero all'Acquadro. Invece la sua competenza in strumenti, traffici ed affini emerge nel vero cuore dell'atto: non può esimersi dal versare i soldi ma li vincola con un'ipoteca imposta al cognato, o meglio lo obbliga a impegnare due suoi terreni, un prato ed una vigna, come garanzia. La richiesta è un capestro che coglie di sorpresa l'Acquadro che addirittura si trova costretto a vincolare due terreni indivisi tra lui ed i fratelli. E non solo: a totale tutela della nipotina Alessandro Craveia ottenne che il valore nominale dei terreni (600 £) superasse della metà quello della dote che, in qualunque momento e nello stato in cui l'aveva ricevuta, Gio. Batta Acquadro avrebbe dovuto rappresentare alla figlia quando legittimamente richiesta (matrimonio o comunque maggiore età, credo). Il primo terreno ipotecato era un campo avidato sito in regione “Costa” di stara sei (due quindi spettanti in senso ipotecario) confinante con i beni parrocchiali. Il secondo si trovava al “Noro” ed era un prato: anche in questo caso a scorporo eseguito sarebbero risultate due stara. Come detto entrambe le pezze erano patrimonio indiviso tra Gio. Batta Acquadro ed i suoi fratelli (a lui andava quella terza parte che venne ipotecata) e per nessuna delle due viene indicato il numero di mappa.

Naturalmente in questo caso la prospettiva si sposta ed il legale rappresentante della piccola diviene lo zio Craveia. A dire il vero non è che la povera Teresa abbia goduto di eccessiva prodigalità da parte del padre Bartolomeo: bisogna ricordare che il vecchio Craveia era stato “maire” e di certo doveva avere beni al sole. Ma detti beni andarono senza dubbio per la stragrande maggioranza al solito Alessandro. La lista del corredo è piuttosto corta e nella dote come detto non ci sono immobili. Venti voci (interessanti ad ogni modo per uno sguardo alla moda della campagna del tempo in una famiglia con mezzi ma non abituata a sprecare) di capi di vestiario, nulla di lussuoso. Teresa andò sposa con un paio di scarpe ed un cassone di noce nemmeno troppo pieno dei suoi fazzoletti, dei suoi “scossali” e delle sue camicie di “rista”. Ci volle molto poco a traslocare dalla casa paterna a quella del marito con poco più di una valigia. Questa scarsità di dote fa sorgere una riflessione piuttosto prosaica ed un po’ borghese ma credo valida: le figlie di Bartolomeo non rappresentavano un buon partito perché il padre aveva concentrato la sua eredità nelle mani del figlio lasciando alle figlie un “fardello” al di sotto del limite della decenza. Infatti tanto Teresa quanto Caterina non sposarono notai o professionisti di Biella né notabili tollegnesi bensì perfetti sconosciuti in senso economico e di posizione sociale. Mentre Alessandro si avviava a diventare un ‘pezzo grosso’ del paese le sue sorelle rimanevano o ricadevano nella massa di artigiani contadini di cui Tollegno era costituito per gran parte.

Note

Giovanni Antonio Marocchetti, qui al suo quarto strumento dopo una assenza di ben 13 anni (vedi doc. n° 28 del 1812). Singolare il fatto che nella datazione topica sia indicato precisamente il suo studio all'interno della casa Scaravelli (forse aveva cominciato come aiutante del vecchio notaio Scaravelli per poi ritagliarsi uno spazio proprio nella medesima dimora). Questa copia venne da lui levata in data 10 agosto 1825.