Alessandro Craveia acquista, e poi gli affitta in parte, dei terreni da Gaspare Coppa che li aveva riscattati a Domenico Maspes

Tipologia Documento
Data topica Biella
Data cronica
17 febbraio 1832
[VUOTO]

Numerazione definitiva

Prefisso
Igor
Numero definitivo
43

Contenuto

Il documento rappresenta il passaggio di proprietà di una discreta quantità di terreno in ambito tollegnese ed offre alcuni spunti interessanti. Il 15 luglio 1829 Gaspare fu Germano Coppa di Tollegno aveva venduto tre appezzamenti (che erano tre accorpamenti di più pezze più piccole e confinanti) a tale Domenico fu Gio. Batta Maspes, negoziante esercente da anni a Biella ma originario di Lasnigo, un paese non meglio indicato del Regno Lombardo Veneto (in realtà in Provincia di Como).

La prima pezza, al “Noro”, era mista di prato e bosco per un’estensione di 73 tavole e 9 piedi indicata come somma dei mappali 1658 e 1659; confinava “a mattina” (ad est) col Cervo. La seconda, ai “Campi”, era una vigna di 25 tavole e 5 piedi indicata come somma dei mappali 2355, 2357 e 2358; confinava con le proprietà parrocchiali. La terza pezza, al “Caloco”, era un campo a prato di tavole 37 e 6 piedi indicata come somma dei mappali 1612 e 1613; confinava con la strada (quale? Quella per Miagliano probabilmente). È la prima volta che in uno strumento vengono indicati terreni in compravendita sotto forma di accorpamenti di più mappali confinanti. Complessivamente l'atto rappresentò il cambio di proprietà di ben 1 giornata, 36 tavole (o 3 stara) ed 8 piedi di terreno che nel s.m.d. corrispondono a circa 5200 mq.

Lo “straniero” aveva in quello strumento (sempre rogato Dionisio) sottoscritto la clausola del riscatto entro tre anni che il venditore Coppa mette in atto nel presente strumento. In effetti quel “rivendita in tempo utile” sta proprio ad indicare questa operazione a ritroso nella quale il venditore versa entro i termini contrattuali il capitale, il costo notarile e gli interessi (definiti in modo ambiguo “fitti”) decorsi, quindi una cifra maggiore di quella incamerata. Tale movimento viene giustificato, almeno in questo caso, con la successiva rivendita dei terreni riscattati ad un prezzo maggiore rispetto a quello sborsato per rientrarne in possesso.

Il Coppa dovette dare al Maspes 1000 lire (850 di capitale, cioè il valore originariamente pattuito per le tre pezze, una cinquantina scarsa di costi notarili ed insinuatori, e un centinaio di lire di interessi) per esercitare quella riserva di riscatto per la quale aveva diritto fino al 15 luglio di quell'anno. Immediatamente dopo in senso logico il Coppa vendette le tre pezze ad Alessandro Craveia per 1200 lire. L'utile netto per il Coppa fu di 200 lire mentre per le rimanenti 1000 spettò al Craveia l'onere di saldare il debito del venditore col Maspes (e lo fece non in contante ma con una scrittura di obbligazione). Delle tre pezze una soltanto divenne subito di esclusiva proprietà del Craveia: si tratta di quella al “Noro”, la più grande, che per altro era confinante con terreni del medesimo acquirente. Sulle altre due il Coppa volle ribadire il diritto di riscatto con termine biennale. I due terreni, quello dei “Campi” e quello al “Caloco”, non divennero in quel giorno un possesso pieno del Craveia ma entrarono in una sorta di periodo di sospensione: il Craveia avrebbe potuto coltivarli e goderne dei frutti ma non sarebbero stati suoi fino allo scadere del termine. Sorprendentemente il Craveia, per il periodo suddetto, affittò a sua volta le due pezze al medesimo Coppa per 30 lire all'anno (in aggiunta l'obbligo per il fittavolo di pagare la dodicesima parte delle “contribuzioni” gravanti sulle pezze). Questo tipo di contratto fatto di vendita riscattabile e di affitto al venditore potrebbe essere un prototipo comportamentale per il Craveia: anche eludendo la riscattabilità per il nostro Alessandro, nell'impossibilità fisica e nella non volontà per partito e per ceto di coltivare la terra, si apriva la possibilità di delegare il lavoro dei campi e di ottenere una rendita sicura.

Da osservare la complessità dei computi tanto del notaio quanto dell'insinuazione: in entrambi i casi non sono chiarissime le tariffe o, meglio, l'applicazione delle stesse. Ad esempio, sul contratto d'affitto Craveia/Coppa che avrebbe dovuto significare 60 lire (trenta all'anno per due anni) il calcolo indicato venne eseguito su lire 75: credo che si tratti di un errore nel conteggio dei termini decorrendi anche perché nel protocollo il totale indicato è proprio di sessanta lire. Altra notazione riguardo i conteggi per il contratto multiplo si riferisce alla parcella (la chiama proprio così il Dionisio per la prima volta) del notaio. Sul verso del documento si ha una somma di lire 59,45 da versare al notaio delle quali 45,85 a carico del Craveia che da quanto si evince dovrebbe aver saldato il suo debito. Al fondo della pagina però compare uno sbiadito appunto dove si legge “Craveia Pagati” e poi una cifra o una data incomprensibile: forse si tratta di un vecchio pendente o qualche altro elemento esterno allo strumento in oggetto ed annotato qui come pro memoria.

Note

Ignazio Dionisio qui all'undicesimo strumento. La presente copia venne rilasciata il nove marzo 1832, giorno dell'insinuazione.